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Beverly Hills e 90210, il paragone non regge
Era il 1990 - in Italia il 1992 - quando sui teleschermi americani fece capolino una nuova serie tv, incentrata sui ‘problemi’ di un gruppo di adolescenti apparentemente ‘privilegiati’, caratterizzati da villoni full optional, da auto extralusso, da un contesto senza dubbio privilegiato. Kelly, Dylan, Donna, David, Steve erano, infatti, figli di Beverly Hills, visti attraverso gli occhi di una coppia di gemelli in arrivo dal Minnesota, Brandon e Brenda Walsh. Una miscela esplosiva, capace di spazzare via in poche battute una serie di stereotipi sulla gioventù dorata dell’upper class, che creò un fenomeno di massa, valicando i confini statunitensi e durando ben 10 anni (l’ultima serie andò in onda nel 2000 negli Usa, nel 2001 in Italia).
E’ ora arrivato il terzo spin-off della serie (dopo Melrose Place, più o meno coevo di Beverly Hills 90210, e Models Inc.), quello che più di tutti si richiama alla serie originale. In qualche modo più che uno spin-off sembra configurarsi come un sequel e vedremo perché.
Partiamo però dal confronto fatto da Aldo Grasso che individua intanto due differenze fondamentali tra i due titoli. In primis un ritmo diverso, quasi adrenalinico quello di 90210 rispetto al progenitore che risale ai primi anni ‘90: in questo senso una velocizzazione della regia e della sceneggiatura è praticamente fisiologica, dal momento che sono passati ormai 20 anni (oddio!). La seconda ‘grande differenza’ individuata da Grasso consiste nella deriva soap di 90210, a fronte di un Beverly Hills meno propenso alle linee sentimentali e alla vicende private. Uno dei punti di forza della serie originale era quella di aver saputo affrontare anche temi sociali, come l’alcoolismo, la tossicodipendenza, la bulimia sessuale, la ‘crisi’ dei valori giovanili, ciclicamente vissuti attraverso le vicende dei protagonisti.
Su questo punto siamo d’accordo con Grasso, anche se non condividiamo la notazione sulla natura soap di 90210. Anche Beverly Hills aveva fatto degli intrecci sentimentali una delle sue cifre narrative: come dimenticare lo storico quadrilatero tra Brandon, Brenda, Kelly e Dylan, con corsi e ricorsi degni di Beautiful? Corsi e ricorsi che caratterizzano i protagonisti - tornati a Beverly Hills dopo tanti anni - anche in questo sequel.
Ebbene sì, sequel, perché 90210 non parla tanto ai teenagers di oggi bensì ai giovani adulti che si riconobbero in Beverly Hills. E’ cambiato il target rispetto al passato: se Beverly Hills parlava ai teenagers degli anni ‘90, per 90210 i giovani sono giusto una ’scusa’ narrativa per fa tornare al West Beverly High i gloriosi ex allievi. Sono i trentenni del 2000 gli interlocutori di questa serie, coloro che vogliono sapere che cosa ne è stato dei loro beniamini, e non i sedicenni di oggi, abituati a ben altre serie, molto più focalizzate su di loro di questa pallida imitazione piuttosto retrò nei temi e nelle rappresentazioni.
Che poi il titolo sia ‘freddino’ anche per i trentenni è un altro discorso: non si capisce cosa c’entri Kelly con il corpo docente del liceo (era destinato a ben altro nella vita), senza considerare il pessimo effetto di un doppiaggio che non ha recuperato le voci storiche della serie, creando un fastidioso senso di estraneità.
90210 è un’operazione nostalgia riuscita a metà: non può soddisfare i ragazzini di oggi (ben più smaliziati di fronte ai timori di una prima volta ‘mordi e fuggi’), non ha il coraggio di intercettare in pieno i sedicenni di allora. Un ibrido che non convince, che, come dice Grasso, manca di quell’aura che avvolgeva Beverly Hills e che ti faceva appassionare e commuovere. Vent’anni si sentono tutti.
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